Roma – Premiato il lavoro della nostra cooperativa sociale all’evento organizzato da UNHCR in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2024 nella prestigiosa Università degli studi sociali Luiss “Guido Carli” di Roma. Rappresentanti istituzionali, del settore privato e della società civile si sono confrontati nella giornata di ieri, 19 giugno, sulla condivisione delle responsabilità nel trovare soluzioni durevoli che permettano ai rifugiati non solo di accedere all’asilo, ma anche di costruire un futuro migliore per sé e per le comunità che li accolgono. Nel corso dell’evento, intitolato “La forza dell’inclusione” si è svolta anche la cerimonia di premiazione delle aziende e delle organizzazioni della società civile che nel 2023 si sono distinte per aver facilitato l’inserimento lavorativo di persone rifugiate nell’ambito del progetto dell’UNHCR Welcome. Working for Refugee Integration, giunto alla sua sesta edizione, ha premiato l’impegno e la dedizione di IRIDE che con la microaccoglienza nel territorio siciliano e nel sud Italia ha generato un modello virtuoso da seguire ed esportare altrove. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, rappresentata ieri dalla dottoressa Chiara Cardoletti, rappresentante per l’Italia, è la principale organizzazione al mondo impegnata in prima linea a salvare vite umane, a proteggere i diritti di milioni di rifugiati, sfollati e apolidi, a costruire per loro un futuro migliore.
“Questo riconoscimento ci riempie di orgoglio e premia un lavoro capillare sul territorio ormai consolidato negli anni” ha dichiarato il delegato di Iride, Dott. Rocco Sciacca, presente alla manifestazione nella Capitale che ha ritirato il premio (in foto). Lo scorso anno le persone costrette alla fuga hanno raggiunto nuovi livelli storici in tutto il mondo, secondo quanto riportato nel Rapporto Global Trends del 2024 dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati.
Il numero complessivo di persone costrette alla fuga – che tocca i 120 milioni a maggio 2024[1] – è in crescita per il dodicesimo anno consecutivo e riflette sia i nuovi conflitti e quelli che mutano, sia l’incapacità di risolvere le crisi di vecchia data. La popolazione globale in fuga equivarrebbe a quella del dodicesimo Paese al mondo per ampiezza della popolazione, quasi come quella del Giappone.
L’anno scorso l’UNHCR ha risposto a un numero in netta crescita di crisi umanitarie nuove o in peggioramento, dichiarando 43 emergenze in 29 Paesi. Il più alto numero annuale di emergenze dichiarate degli ultimi dieci anni, quadruplicato nell’arco di soli tre anni.
Un fattore chiave che ha fatto lievitare il numero di persone costrette alla fuga è stato il devastante conflitto in Sudan: dall’aprile 2023, sono stati registrati più di 7,1 milioni di nuovi sfollati nel Paese, con altri 1,9 milioni in fuga oltre i confini. Alla fine del 2023, un totale di 10,8 milioni di sudanesi era sradicato dalle proprie abitazioni. Nella Repubblica Democratica del Congo e in Myanmar, milioni di persone sono state costrette alla fuga l’anno scorso a causa di feroci combattimenti. L’UNRWA stima che alla fine dello scorso anno, nella Striscia di Gaza, 1,7 milioni di persone (il 75% della popolazione) erano sfollate a causa della violenza catastrofica, e alcuni rifugiati palestinesi erano dovuti fuggire più volte. La Siria rimane la più grande crisi di rifugiati al mondo, con 13,8 milioni di persone costrette alla fuga.
“Dietro a questi numeri, in netto aumento, si nascondono innumerevoli tragedie umane. Questa sofferenza deve spingere la comunità internazionale ad agire con urgenza per affrontare le cause profonde degli sfollamenti forzati”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “È giunto il momento che le parti in conflitto rispettino il diritto bellico e il diritto internazionale. Il fatto è che senza una cooperazione migliore e sforzi concertati per affrontare conflitti, violazioni dei diritti umani e crisi climatica, il numero di persone costrette alla fuga continuerà a crescere, portando nuova miseria e costose risposte umanitarie”.
Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre[2], l’aumento più consistente del numero di persone in fuga riguarda quelle che abbandonano le proprie case ma rimangono nel proprio Paese, cifra che raggiunge i 68,3 milioni di persone, con un incremento di quasi il 50% in cinque anni.
Il numero di rifugiati e di altre persone bisognose di protezione internazionale è salito a 43,4 milioni, includendo quelli sotto il mandato dell’UNHCR e dell’UNRWA. Il 73% dei rifugiati sotto il mandato dell’UNHCR proviene da soli cinque Paesi (Afghanistan, Siria, Venezuela, Ucraina e Sudan). La popolazione di rifugiati più numerosa a livello globale è quella afghana, che rappresenta uno su sei di tutti i rifugiati sotto il mandato dell’UNHCR.
Iran (3,8 milioni), Turchia (3,3 milioni), Colombia (2,9 milioni), Germania (2,6 milioni) e Pakistan (2 milioni) ospitano le popolazioni di rifugiati più numerose. Quasi tutti i rifugiati ospitati in Iran e Pakistan sono afghani e, allo stesso modo, quasi tutti i rifugiati in Turchia sono siriani. Nonostante la percezione, il rapporto Global Trends ci dice che la stragrande maggioranza dei rifugiati è ospitata in Paesi limitrofi a quelli della crisi (69%), e il 75% risiede in Paesi a basso e medio reddito che insieme producono meno del 20% del reddito mondiale. I 45 Paesi meno sviluppati, che insieme rappresentano meno dell’1,4% del prodotto interno lordo globale, ospitano oltre il 21% di tutti i rifugiati a livello mondiale.
La comunità internazionale deve fare di più per intervenire sulle cause che costringono le persone alla fuga, con azioni di pace, interventi di sviluppo e stabilizzazione delle popolazioni nei Paesi di origine ed incremento delle misure di protezione lungo le rotte percorse dalle persone in fuga. Le soluzioni per i rifugiati nei Paesi di accoglienza sono complesse ma ci sono. Sono numerose le buone pratiche nel mondo per favorire l’inclusione dei rifugiati nelle comunità ospitanti: come il Piano Shirika, iniziativa importante del governo del Kenya che prevede che per i 600.000 rifugiati nel Paese, per lo più somali e sud sudanesi, saranno progressivamente adottate misure per includerli nelle comunità in cui vivono.
In Italia, l’UNHCR è impegnata in numerosi progetti ed iniziative volte a favorire l’accesso ai servizi, l’inclusione lavorativa e l’ampliamento dei canali sicuri e regolari per arrivare in Italia. Il programma Welcome. Working for refugee integration in soli sette anni ha coinvolto oltre 700 aziende che hanno realizzato oltre 30 mila percorsi di inserimento lavorativo. Nove importanti comuni italiani hanno poi aderito alla Carta per l’integrazione proposta da UNHCR, mettendo a disposizione sui propri territori Spazi Comuni polifunzionali per facilitare a rifugiati e richiedenti asilo l’accesso ai servizi fondamentali. Inoltre, l’Italia è impegnata per offrire ai rifugiati l’opportunità di arrivare attraverso canali regolari e sicuri come i corridoi umanitari, universitari e lavorativi, le evacuazioni di emergenza ed il reinsediamento, che permettono ai rifugiati di ricostruirsi un futuro in dignità senza essere costretti a intraprendere viaggi pericolosi nelle mani dei trafficanti. A titolo di esempio sono state reinsediate in Italia 2.805 persone rifugiate dal 2015 ad oggi. A partire dal 2017, inoltre, sono state trasferite dalla Libia attraverso evacuazioni e corridoi umanitari 1.510 persone vulnerabili ed altre 1.300 persone circa seguiranno nei prossimi 3 anni. Sono numeri ancora ridotti ma rappresentano anche un segnale di solidarietà verso i Paesi a basso e medio reddito che ospitano il 75% dei rifugiati nel mondo e soprattutto delle buone pratiche da replicare – come nel caso delle evacuazioni di emergenza dalla Libia che vengono effettuate solo verso l’Italia.
In Italia, le persone titolari di protezione internazionale alla fine del 2023 erano circa 138.000, i richiedenti asilo 147.000 e oltre 161.000 i cittadini ucraini titolari di protezione temporanea, mentre si stima siano circa 3.000 le persone apolidi.
Il rapporto Global Trends mostra che, a livello mondiale, più di 5 milioni di sfollati interni e 1 milione di rifugiati sono tornati a casa nel 2023. Queste cifre mostrano alcuni progressi rispetto alle soluzioni a lungo termine. In maniera altrettanto positiva, gli arrivi per il reinsediamento sono aumentati a quasi 160.000 nel 2023.
“I rifugiati – e le comunità che li ospitano – hanno bisogno di solidarietà e di aiuto. Possono contribuire alla società, e lo fanno, quando sono inclusi”, ha aggiunto Grandi. “Allo stesso modo, lo scorso anno milioni di persone sono potute tornare a casa, e questo rappresenta un importante barlume di speranza. Le soluzioni ci sono – abbiamo visto Paesi come il Kenya fare da apripista all’inclusione dei rifugiati – ma ci vuole un impegno concreto”.
Il rapporto offre anche una nuova analisi della crisi climatica e di come questa colpisca in modo crescente e sproporzionato le persone costrette alla fuga. Il cambiamento climatico sta esacerbando le esigenze di protezione e i rischi per le persone costrette alla fuga, contribuendo a nuovi esodi, continui e prolungati. Alla fine del 2023, tre quarti delle persone costrette alla fuga vivevano in Paesi con un’esposizione elevata o estrema ai rischi legati al clima.
Viste le immense sfide descritte nel rapporto Global Trends che i 120 milioni di persone in fuga devono affrontare, l’UNHCR rimane ben saldo nel suo impegno a fornire nuovi approcci e soluzioni per aiutare le persone costrette a fuggire dalle loro case, ovunque esse si trovino.