E’ possibile cambiare il modo in cui gli altri ci vedono? La risposta è si: iniziando da noi. Tutto dipende dalla narrativa che si utilizza per raccontare le storie che riguardano quelli che vengono considerati “soggetti vulnerabili”: categorie fragili per definizione, come bambini, migranti, anziani che spesso non hanno parola o voce in capitolo. Siamo noi a dare voce a queste persone e, nel farlo, dobbiamo trovare un nuovo stile fatto di valori positivi e speranza. Se n’è discusso oggi nel meeting virtuale “Stories shape societies” promosso da “Destination Unknown” a cui ha partecipato anche la nostra cooperativa tramite l’intervento di Leonard Hope, un ex ospite di Mineo, già membro del network che oggi vive a Caltagirone.
Leonard ha raccontato la sua esperienza dall’arrivo in Italia a oggi. Ciò che gli ha permesso maggiormente di integrarsi è stata la fiducia che alcuni hanno riposto in lui ” maggiore fiducia riceviamo dagli altri, maggiore è il nostro impegno per essere accolti dando il meglio di noi” ha detto il ragazzo che da anni vive in Sicilia, dove frequenta la scuola superiore. Il suo consiglio per gli altri migranti? “L’Italia è un Paese fantastico ma bisogna focalizzare la propria attenzione e scegliere un percorso individuale ben definito per emergere e trovare finalmente la propria strada”.
Le chiavi di una nuova narrativa, secondo alcuni intervenuti, sarebbero queste:modificare il linguaggio della paura in linguaggio di nuova speranza, mostrare al lettore soluzioni e non solo problemi, focalizzarsi sulle opportunità e non sulle minacce, narrare storie di piccoli “eroi umani” e non solo di vittime sofferenti.